27 mag 2016

L'album musicale: leggeresti un libro con pagine in ordine casuale?

Con l'avvento della musica liquida o per meglio dire dei vari programmi e siti di streaming (Spotify, Google Play Music, Deezer, napster, ecc) si sta perdendo, a poco a poco, la concezione dell'album e della discografia dell'artista, sostituita da eventi più o meno periodici di uscite e release che, alle volte, lasciano il tempo che trovano.
Mi spiego meglio.
Parlando anche per esperienza personale, il momento di uscita di un album per un artista o un gruppo musicale, segna un momento particolare e ben preciso per la carriera del solista o del gruppo. E' un traguardo, un punto di arrivo e un punto di inizio, dove si incrociano le dita e si attende il riscontro del pubblico, sperando di ottenere il consenso sperato per essere finalmente appagato di tutta la fatica riversata per stendere tutti i brani che compongono l'album.
Una volta c'era il CD. Prima ancora il vinile e le musicassette. Si andava al concerto, si comprava il supporto e si ascoltava l'ultima fatica del gruppo. Oppure si entrava in un negozio di dischi, si comprava un album e lo si ascoltava dall'inizio alla fine, magari spuciando tra i testi e, per i maniaci come me, guardando dove i vari brani sono stati registrati, chi li ha registrati e prodotti. Ora i CD si possono anche acquistare su Amazon o su altri siti di e-commerce. Ma una volta che parte l'abbonamento mensile di un qualsiasi servizio streaming, chi guarda più queste cose?
Forse per la maggior parte della gente la musica è considerata per quella che è, un sottofondo che accompagna le azioni quotidiane (guidare, passeggiare, fare sport, cucinare, stare a tavola), per cui un bel "casuale" è quello che ci vuole, farci inculcare anche la musica che dobbiamo ascoltare. Una volta c'erano le radio, ora probabilmente, pur di passare una volta in più nella playlist o nelle scelte random, qualcuno paga profumatamente il servizio.
Forse comprare CD, lo ammetto, è una cosa da vecchi: persino in un negozio Hi-Fi mi hanno proposto un sistema di riproduzione basato sulla musica liquida invece del classico lettore CD. Fa riflettere anche il fatto che i brani odierni vengano missati e masterizzati affinchè suonino bene dalle casse del telefonino. 
Ma ciò che voglio puntualizzare non è il come mi procuro la musica (ben vengano i servizi moderni e le nuove tecnologie alle quali sono sempre aperto), ma è come ascolto la musica.
Ascoltare la musica, a mio avviso, è come guardare un film o leggere un libro. Lo scelgo e lo leggo, dalla prima all'ultima pagina, dall'inizio alla fine. E così dovrebbe essere per gli album: quando si scopre un artista, bisognerebbe scoprirne le origini, scovarne la discografia, ascoltarne i prodotti, possibilmente in ordine cronologico, leggerne la biografia e capire le influenze a seconda dell'anno di incisione e altre piccole cose di questo tipo. Tutto questo non lo faccio nemmeno io, diventa dispendioso e controproducente, ma per lo meno, quando acquisto un album lo ascolto, dall'inizio alla fine.
L'ordine di apparizione di ogni singolo brano all'interno di un LP o EP, per l'artista (sia esso un solista o una band) ha un'ordine ben preciso. L'artista ha speso giorni e notti, per decidere i giusti incastri di ogni singola canzone, ed è giusto, secondo me, che si renda omaggio all'opera nella sua completezza. Ascoltare con l'ordine  "casuale" (tasto che personalmente eliminerei da ogni applicazione o dispositivo) significa leggere o guardare un film in ordine casuale. The Wall dei Pink Floyd in ordine casuale? Mio Dio!!!
Ad esempio ricordo, nel lontano 2007-2008 il primo EP dei Keronoise (LPV - ascoltabile qui) era in fase di completamento e ci si era posti il problema dell'ordine di apparizione dei brani. I brani erano 6. L'ordine scelto fu pressapoco così motivato:

1. L'illibata indifferenza: ci piaceva l'idea di partire con un brano "cattivo" e pesante, e questo era forse uno dei più cattivi;
2. LPV: personalmente mi piaceva l'idea che la title track dell'EP fosse al secondo posto, per non svelare subito il perchè del titolo dell'EP, ma neanche far aspettare troppo prima di scoprire la canzone che dava il titolo all'album;
3. Dolce Fragile: dopo due brani belli sostenuti un poco di calma era dovuta;
4. Facile: risolleva il ritmo, al limite del noise e il finale legava bene con l'ingresso della batteria di Baby Doll: infatti la fine di Facile è stata allungata affinchè sulle note finali entrasse il brano successivo;
5. Baby Doll: altro brano ritmicamente sostenuto, che conclude la parte elettrica;
6. Concubina del Diavolo: acusticata, con la personale idea romantica che potesse avvicinarsi a Something in the way dei Nirvana, a chiusura di Nevermind.

Ora, a distanza di anni, sono consapevole che LPV dei Keronoise non è paragonabile a The Wall dei Pink Floyd, ma anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di dare un senso alla nostra piccola opera. Figuriamoci cosa mai possano inventarsi i grandi artisti (azioni di marketing escluse).
O ancora: i Newdress, band nella quale ho avuto la fortuna di suonare per due anni e più e con sui ho inciso un EP - Novanta (ascoltabile qui), incisero un album intitolato Legami di Luce (ascoltabile qui): l'ordine di apparizione dei brani è semplicemente l'ordine alfabetico. Ma se si osserva bene e si ascolta, si può scoprire il filo conduttore che unisce ciascun brano: l'ordine alfabetico era l'unico possibile per questo album.

Capite quindi che ogni artista si perde nelle più piccole sfumature della sua opera d'arte, nella speranza che chiunque possa coglierle, dalla più piccola alla più grande, e ci si possa perdere all'interno. Quindi invito tutti ad un ascolto consapevole, cercando di apprezzare tutti gli sforzi che i musicisti e le band mettono all'interno del loro progetto.

Se non avete cazzi e considerate tutto quanto di cui sopra un'immensa pippa mentale, va bene lo stesso. Importante è ascoltare musica.

18 mag 2016

La morte della musica

Vorrei evitare di fare la solita retorica di gruppi che si sciolgono, della musica che non è più la stessa, della gente che non ascolta più la musica, della difficoltà dell'ambiente discografico, di Manuel Agnelli che va ad X-Factor e altre cazzate di questo tipo.
Ma così farò.
E lo voglio fare non scrivendo un articolo lunghissimo perchè non ne sarei in grado: purtroppo le insegnanti di italiano delle superiori non mi hanno "imparato bene" e io non mi sono applicato granchè, per cui non sempre le parole e i concetti riesco ad esprimerli in un italiano più o meno corretto e lineare.
Lo voglio fare citando in fila tre avvenimenti, tre post che nei giorni scorsi mi hanno particolarmente colpito e che, rappresentano in modo completo tutto il mio pensiero sulla musica di oggi, il fare musica e l'ascoltarla.
Il primo è un mio post su Facebook del 30/04/16 che recitava questo:


Ho scaricato la app di rockit e mi sono messo ad ascoltare alcune nuove uscite di qualche vecchia conoscenza. Bene. Constato che di di gente che crea musica ce ne è fino a stufarsene, ma ascoltando sento che non mi lasciano niente...però so quanto questa gente ha sudato sulla singola nota suonata, il giusto incastro cercato, l'ordine di apparizione dei brani, insomma tutto. E mi sento in colpa. Per lo meno io ho ascoltato, ci ho provato, ma personalmente oggi non pagherei per il vostro nuovo album. Mi piacerebbe sapere quante persone hanno ascoltato in questo modo qualche EP o album dei gruppi in cui ho suonato, riversando lo stesso sudore. Secondo me poche.

Poi arriva la notizia che i Fratelli Calafuria si sciolgono, con un annuncio sul loro Facebook in data 06/05/16. Ma la parte che più mi ha colpito è questa:

(...omissis...) Permettetemi una carezza all'ultimo lavoro "Prove Complesse" che oggettivamente non si è inculato nessuno. (...omissis...)

Ed ecco qui il punto! Il nuovo album, l'ultima fatica di un gruppo "rodato" non se lo è inculato nessuno. Se avessero venduto milioni di copie, si sarebbero sciolti? Forse sì, perchè forse i motivi sono ben altri. Ma magari avrebbe dato loro un motivo in più per continuare insieme a fare musica. Seppur il mio post di cui sopra non riguardasse i Fratelli Calafuria (dei quali ho comprato il loro "primo album" venduto nei negozi e che ritengo un grandissimo album), vale più o meno lo stesso concetto. Giuro che ho seguito gran parte delle loro azioni relativamente a quest'ultimo album, mi sono visto i loro live, letto articoli dove spiegavano che avevano ritrovato loro stessi e la gioia di fare musica insieme (provando anche un sacco di invidia), mi sono ascoltato l'album in streaming, ecc, ecc, ecc...ma alla fine non mi è arrivato. E non l'ho comprato. Non me lo sono inculato, rimandando e l'acquisto alla prima occasione di vederli live in zona. Ma a quanto pare quell'occasione non ci sarà. Quindi di chi è la colpa, se un colpevole dobbiamo trovare? Io mi sono impegnato, ma purtroppo non ce l'ho fatta. Il mio acquisto non avrebbe salvato i Fratelli Calafuria dallo scioglimento, ma comunque un poco in colpa mi sento.

In ultimo, pensando e ripensando al pubblico e all'attenzione che il pubblico da alla musica, mi viene postato da conoscenti questo articolo che invito a leggere con molta attenzione:

La morte del pubblico e la fine di tutto

Se sarete così bravi da leggere tutto l'articolo fino in fondo, con attenzione, capirete che non resta molto da aggiungere al pensiero che mi gira in testa da una quindicina di giorni a questa parte. L'articolo parla anche di me, con l'appunto positivo che io questa volta mi metto dalla parte dello scrittore, di quello che si ascolta i dischi, che si ascolta i concerti, e quindi mi sento in pace con me stesso.Citando l'articolo: "Allora capite che se è così, chi se ne frega di Manuel Agnelli ad X Factor".


Se dio vorrà, anche io continuerò a fare musica. In qualche modo. Gradirei che almeno la mia musica venisse ascoltata da qualcuno, anche solo per dirmi "Fai Cagare".